“In materia di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione… va intesa in senso relativo, potendo, nei casi concreti, essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, in ragione della complessità di accertamento della condotta del dipendente oppure per l’esistenza di una articolata organizzazione aziendale”.Lo ribadisce la Corte di Cassazione con l'ordinanza del 15 marzo 2023, la n.7467, in una vicenda in cui un lavoratore aveva utilizzato in modo fraudolento il denaro aziendale per scopi privati, avvalendosi dell’auto e del carburante forniti dal datore di lavoro.Nello specifico, la Corte rileva che il datore di lavoro ha il potere, “ma non l’obbligo, di controllare in modo continuo i propri dipendenti e di contestare loro immediatamente qualsiasi infrazione al fine di evitarne un possibile aggravamento”.
Tale obbligo, infatti, negherebbe in radice il carattere fiduciario del lavoro subordinato e non è previsto dalla legge né è desumibile dai principi di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 del Codice Civile.Pertanto, “la tempestività della contestazione disciplinare va valutata non in relazione al momento in cui il datore avrebbe potuto accorgersi dell’infrazione ove avesse controllato assiduamente l’operato del dipendente, ma con riguardo all’epoca in cui ne abbia acquisito piena conoscenza”.Pertanto, in linea con la Corte d’Appello di Milano, la Cassazione ritiene conforme a buona fede il controllo eseguito dalla società sulle spese del 2016 nel momento della redazione del bilancio 2017.È vero, sostengono i giudici, che “i giustificativi di spesa erano consegnati dalla dipendente con cadenza mensile e che, in teoria, il datore era in condizione di controllare mensilmente le spese eseguite in relazione ai chilometri percorsi. Ma nel rapporto di lavoro in generale, e in particolar modo quando si assegnano al dipendente l’auto aziendale e la carta di credito intestata alla società, si fa affidamento sul corretto utilizzo di tali strumenti di lavoro, in funzione esclusiva delle esigenze connesse alla prestazione, non potendosi esigere un controllo costante di parte datoriale che presupporrebbe null’altro che una pregiudiziale sfiducia nell’operato del dipendente e quindi la negazione di quel patto di reciproca fiducia che sta alla base di ogni rapporto negoziale e del rapporto di lavoro in special modo”.
Comments